Due articoli sugli impianti del Corno alle Scale

Mentre le piste del Corno alle Scale si presentano ancora come nella fotografia qui sopra, e l’apertura degli impianti è già slittata di tre settimane, vi segnaliamo due articoli che lo riguardano, scritti da due membri del nostro comitato e pubblicati da riviste del Club Alpino Italiano.

Il primo è firmato dalla scrittore Wu Ming 2 e s’intitola Nuova seggiovia sul Corno alle Scale. La montagna ferita per il vantaggio di pochi. E’ uscito il 15 dicembre su “Lo Scarpone”, notiziario del CAI, e lo potete leggere qui.

Il secondo, di Vinicio Ruggeri, si trova nelle pagine del bollettino “Sul Monte”, destinato ai soci della sezione CAI di Bologna. Ve lo proponiamo nella versione originale, poi tagliata per motivi di spazio e di impaginazione. Buona lettura!

Industria dello sci, turismo montano e il caso del Corno alle Scale.

di Vinicio Ruggeri

Nel numero di settembre abbiamo cominciato a scrivere del Nuovo Bidecalogo, codice di autoregolamentazione approvato nell’Assemblea Generale del 150° anniversario della fondazione del CAI, con l’intento di ragionare sia sui valori condivisi nella nostra associazione sia sulla nostra capacità di attuarli sul territorio bolognese.
In questo numero vogliamo affrontare il tema dell’industria dello sci, trattata all’art. 4 del NB, ed il caso del Corno alle Scale.


Negli ultimi anni si è riaffacciato un progetto di ampliamento del comprensorio sciistico del Corno alle Scale, montagna cara a tanti bolognesi, e di un suo collegamento con l’area della Doganaccia sul versante toscano. Questa ipotesi di intervento, finanziato con ingenti fondi pubblici messi a disposizione dal governo centrale e dalle due Regioni, ha suscitato vivaci dibattiti e ferme prese di posizione da parte di sostenitori ed avversari ed ha visto opinioni diverse anche all’interno del CAI. Cerchiamo in queste pagine di fare il punto della vicenda.


Il turismo in Appennino ha vissuto un momento di grande espansione negli anni ’70 del Novecento, quando il consolidato benessere seguito al boom economico del decennio precedente ha favorito in inverno il diffondersi della pratica dello sci da discesa e in estate il fenomeno della villeggiatura, specie di persone anziane che cercavano alle quote medie un ristoro all’afa cittadina. Entrambi i fenomeni erano caratterizzati da una frequentazione di prossimità, non essendo ancora invalsa la pratica dei viaggi a medio-lungo raggio per la mancanza, o l’elevato costo, di infrastrutture e mezzi di trasporto adeguati. La nascita di una rete di piccoli alberghi di montagna e la diffusione delle seconde case, attorno alle montagne servite da impianti nel caso del turismo invernale ed in maniera più diffusa nel caso della villeggiatura estiva, sono state la conseguenza sul territorio dell’espansione turistica di quegli anni, proseguita poi per due o tre decenni.


Dalla fine del ‘900 la situazione ha cominciato a trasformarsi, da diversi punti di vista. In primo luogo è sorta ed è cresciuta una domanda di vacanze a contenuto diverso, meno standardizzato e più volto alla conoscenza del territorio, dei suoi contenuti storici ed architettonici; ciò ha favorito l’affermarsi della pratica dei “cammini” o, comunque, delle vacanze cosiddette esperienziali. Nel frattempo i cambiamenti climatici hanno ridotto la durata e la quantità dell’innevamento a terra, costringendo i gestori delle stazioni sciistiche ad investimenti crescenti in impianti per la produzione di neve artificiale, soluzione che l’innalzamento della temperatura ha reso progressivamente meno efficace. Contemporaneamente la pratica dello sci da discesa ha subito uno stallo, per motivi culturali, economici e climatici, ed ha iniziato un lento declino.

La difficoltà che ne è conseguita per gli operatori turistici, incapaci di cogliere le mutazioni della domanda, è stata talmente evidente che nel documento del dicembre 2016 “Prendersi cura dell’Appennino”, siglato da Parco Nazionale Appennino Tosco-Emiliano, Comuni area MAB ATE, Camera di Commercio di Reggio Emilia e dall’Unione Comuni Montani reggiani, si può leggere:


«Essendo esauriti i vecchi modelli del turismo appenninico (villeggiatura estiva più alcuni week end invernali nelle stazioni sciistiche) ed essendo ancora a livello “iniziale” e non consolidato le dinamiche attive e più vive dei nuovi turismi in Appennino, si propone un approccio prudente alla definizione di un quadro di valutazioni e proposte. In questa fase, prioritario è aprire spazi e possibilità di co-costruzione, avviare processi partecipativi, che vedano operatori e cittadini coinvolti e protagonisti in relazione stretta con programmi e strategie dei soggetti pubblici.»

Ma evidentemente la consapevolezza mostrata dagli operatori del reggiano sullo stato e sul futuro del turismo in Appennino non era ancora sufficientemente diffusa, se più o meno nello stesso momento gli amministratori della montagna bolognese (e regionali!) hanno rispolverato il vecchio progetto richiamato in apertura.
Chi scrive era all’epoca presidente del Gruppo regionale dell’Emilia-Romagna del CAI e nel febbraio 2017 ha preso posizione, insieme a Legambiente e WWF, affermando che, anche al di là dei problemi di impatto ambientale, che pure si pongono, investire tanto denaro in un solo punto ed in un settore in declino sarebbe un pessimo modo di utilizzare fondi pubblici, quando l’Appennino, per rispondere alla domanda crescente di un “altro” turismo, avrebbe bisogno di investimenti diffusi per promuovere i cammini, adeguare e sviluppare la rete di ricettività, promuovere le produzioni tipiche volte al turismo. Posizione sostenuta anche dal punto 4 del NB. Senza dimenticare tutta la problematica legata al settore agroforestale e le dinamiche verificatesi nelle aree industriali-artigianali di fondovalle, spesso in crisi anch’esse.
Insomma, per dirla ancora con il documento stilato dagli enti di governo della montagna reggiana:

Il turismo da far crescere su questo territorio, la cui attrattività non è condensata in un singolo elemento “eccezionale”, ma sta nell’insieme equilibrato di valori naturali e valori umani, non può essere settore separato o aggiuntivo, ma deve essere strettamente connesso col vivere in Appennino in tutte le sue dimensioni: paesaggio, cultura, governo del territorio e dell’ambiente, agricoltura di qualità, stagioni, scuola, sport, associazionismo, volontariato, senso di appartenenza e di comunità. Diventare appieno un distretto turistico competitivo presuppone da un lato innovazione imprenditoriale e culturale, e dall’altro un altrettanto forte investimento sull’amore e sulla cura degli abitanti per il proprio territorio.

Della nostra posizione eravamo certi ma, consapevoli di come fosse basata sulle impressioni soggettive ricavate dalla frequentazione della montagna, avevamo bisogno di dati specifici per sostenerla in maniera argomentata. Ci siamo quindi rivolti all’Università di Bologna, dipartimento di Economia, campus di Rimini, in particolare al prof. Figini del CAST (Centro Studi Avanzati sul Turismo), finanziando una borsa di studio per una ricerca che ha avuto il titolo Per una rigenerazione dell’Appennino tosco-emiliano: turismo, sostenibilità e sviluppo territoriale nel parco regionale del Corno alle Scale. In buona sostanza abbiamo posto queste domande ai ricercatori: che peso economico hanno in Appennino il turismo legato allo sci e quello legato all’escursionismo ed ai cammini? In che condizioni versa la struttura ricettiva? Quali investimenti avrebbero un maggiore ritorno economico ed occupazionale sulla valle, quelli riservati allo sci o quelli dedicati al turismo diffuso di scoperta? Il tutto a partire dall’area-studio del Corno alle Scale.


Da buon scienziato indipendente il prof. Figini mi ha subito avvertito che gli esiti della ricerca avrebbero anche potuto essere diversi da quelli graditi alla “committenza” e che, in questo caso, non sarebbero stati addomesticati.
Possiamo sinteticamente affermare che in linea di massima abbiamo avuto conferma delle nostre opinioni empiriche; in particolare si è rilevato che il modello turistico è ormai asfittico, infatti sui comuni interessati dal parco regionale del Corno alle Scale (che ha le caratteristiche e le pretese di area turistica) il turismo ha un peso sull’economia locale addirittura inferiore alla media nazionale (in cifre tonde l’8% contro il 10%), come anche il tasso di occupazione delle strutture alberghiere.
Da raffronto della spesa di turista sciatore e di turista escursionista, come era prevedibile, risulta maggiore la prima; ma dovremmo a questo proposito avanzare due considerazioni: la spesa dello sciatore è dovuta in gran parte al costo dell’accesso agli impianti (e di questa quota ben poco rimane sul territorio: gli stipendi degli addetti agli impianti e dei gattisti, mentre il grosso va lontano verso le imprese che gli impianti li costruiscono e manutengono, oltre che in consumi energetici); la spesa dell’escursionista, accusato di “portarsi il panino da casa”, potrebbe invece crescere sensibilmente, e restare sul territorio, se a questa categoria di frequentatori della montagna fossero offerti servizi adeguati.
Infine, per calcolare i possibili effetti delle diverse forme di investimento sull’economia e sulla occupazione locale, si sono prefigurati tre scenari: uno con investimenti concentrati sullo sci, uno con investimenti diffusi volti allo sviluppo del turismo dolce, con promozione dei cammini, sistemazione dei percorsi e della segnaletica e potenziamento della rete di ricettività diffusa, ed un terzo che prevede sia la sistemazione e l’efficientamento della stazione sciistica, senza ulteriori espansioni né nuovi impianti, sia un investimento diffuso sul territorio come sopra. Ebbene, la politica di potenziamento della sola stazione sciistica si è rivelata quella con minore ritorno occupazionale ed economico.


Nel frattempo la Commissione Centrale Tutela Ambiente Montano del CAI ha prodotto un documento dal titolo Cambiamenti climatici, neve, industria dello sci, dove si può leggere, tra l’altro, dopo una analisi sulla obsolescenza del settore sciistico e sugli impatti ambientali che comporta:

Nel ricercare alternative praticabili, ci si deve chiedere se la dipendenza dal “tutto turismo”, sciistico o meno, offra un livello di resilienza sufficiente di fronte al fatto che questo settore, “voluttuario” e con una domanda elastica, è reso particolarmente vulnerabile a causa di eventi esterni di varia natura (variabilità dei flussi turistici, prezzi dei trasporti, fenomeni naturali, pandemie, ecc.) e della congiuntura economica generale (crisi periodiche, potere d’acquisto della classe media, ecc.). Questa vulnerabilità può essere attenuata dalla promozione del turismo a scala locale o regionale, meno influenzato dai diversi fattori di variabilità e arricchito dall’offerta di attività estive (escursioni, scalata, MTB, attività fluviali, ecc.) ed invernali (sci di fondo, racchette da neve, scialpinismo, slitta, ecc.).

Dal canto suo, la CIPRA (Commissione Internazionale per la Protezione delle Alpi) suggerisce che le stazioni sciistiche «riducano la loro dipendenza dagli sport invernali, rinuncino alle espansioni su territori finora intatti, dedichino le sovvenzioni allo sviluppo di un turismo sostenibile e non all’innevamento artificiale».
Nonostante queste evidenze, il Comune di Lizzano in Belvedere, dopo uno studio analitico commissionato dalla precedente Giunta sulla situazione del comprensorio sciistico, che si concludeva con diverse proposte (il cd masterplan), studio poi cestinato dalla nuova Giunta, ha presentato alla Regione Emilia-Romagna il progetto di «Nuova seggiovia esaposto ad ammorsamento automatico Polla – Lago Scaffaiolo in sostituzione della seggiovia quadriposto ad ammorsamento fisso “Direttissima” e della sciovia “Cupolino” in comune di Lizzano in Belvedere (Bo) loc. Corno alle Scale» al fine della verifica di assoggettabilità a Valutazione di Impatto Ambientale (VIA).
Il tracciato progettato insiste su un’area protetta da un Sito di Importanza Comunitaria (SIC), differisce da quello della attuale Direttissima, della quale è prevista la demolizione nonostante possa restare in servizio fino al 2038, prevede tre nuove stazioni, tra cui quella di arrivo a ridosso del lago Scaffaiolo, e 14 nuovi piloni; è prevista anche la demolizione della sciovia del “Cupolino”, che ha terminato la sua vita attiva nel 2017 e che essendo su un SIC avrebbe già dovuto essere demolita.


Il Presidente del GR CAI Emilia-Romagna per tutte le considerazioni svolte sopra ha presentato formali osservazioni al progetto, rilevandone limiti e carenze e chiedendone a norma di legge il rinvio a VIA in quanto nuovo impianto.
La Regione ha invece concluso il procedimento dichiarando che si tratta di progetto di ammodernamento dell’esistente, e non di nuovo progetto come da noi sostenuto, e decretandone la non assoggettabilità a VIA. Coerentemente con le proprie posizioni il CAI regionale ha costituito insieme ad altre associazioni il comitato Un altro Appennino è possibile che, con i fondi raccolti da una campagna di crowfunding, è ricorso al TAR contro la decisione regionale. Il TAR non ha riconosciuto le motivazioni avanzate ed il comitato è ricorso allora al Consiglio di Stato che ha invece valutato fondate le ragioni dei ricorrenti e invitato il TAR ad approfondire l’istruttoria.
Al momento siamo in attesa delle deliberazioni definitive del TAR, previste per gennaio 2023.


In conclusione, coerentemente con le posizioni espresse in diverse sedi dal CAI centrale e con gli studi condotti dall’Università, il CAI regionale si oppone alla costruzione di nuovi impianti al Corno alle Scale, quanto meno senza una adeguata valutazione di impatto ambientale, e chiede invece investimenti diffusi in Appennino per sostenere altre forme di turismo meno impattante e per adeguare e sviluppare la rete della ricettività. Quanto al comprensorio sciistico, non se ne chiede certo lo smantellamento, ma piuttosto l’efficientamento e la razionalizzazione perché possa continuare a funzionare, magari rivolgendosi anche ad altre tipologie di utenti come gli studenti delle scuole medie e superiori della Città Metropolitana di Bologna che vi potrebbero trovare un centro di avviamento a tutti gli sport invernali.

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